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MILANO - 27-12-2021 - È il primo pomeriggio dì una fredda giornata dicembre. Un sole pallido fa capolino tra i tetti dei palazzi del centro. Le strade sono invase da compratori alla frettolosa ricerca degli ultimi regali di Natale. A pochi metri dal Quadrilatero della Moda, immaginario perimetro circoscritto tra via Monte Napoleone e via della Spiga, da una parte, e, dall’altra, tra via Manzoni e corso Venezia, ho appuntamento con Antonio D’Amico, neo conservatore del museo Bagatti Valsecchi, per cinque anni direttore dei Musei Civici di Domodossola. Il Bagatti Valsecchi ha sede proprio nel cuore di questo quartiere, in via Gesù, traversa che unisce Via Monte Napoleone alla parallela via della Spiga. Il conservatore mi attende nel cortile della casa-museo. Ad Antonio mi lega una profonda amicizia nata durante il mio mandato di Presidente della Consulta Giovani della Città di Domodossola e portata avanti nel tempo attraverso numerose collaborazioni con il Rotaract Pallanza-Stresa che ho avuto l’onore di presiedere l’anno passato. Sono molto contento di vedere Antonio, è la prima volta che lo incontro dopo la sua dipartita da Domodossola. Il museo, istituto nel 1994 fa parte del lascito della famiglia Bagatti Valsecchi, nobile famiglia meneghina di mecenati e collezionisti d’arte che lo ha donato alla Regione Lombardia nel 1974. Nell’arco di un secolo di storia, attraverso una passione familiare condivisa, i Bagatti Valsecchi sono riusciti a ricostruire nel centro di Milano una residenza tardo rinascimentale di tutto rispetto. Tante le opere originali e molte le riproduzioni eseguire ad arte da artigiani ottocenteschi operanti nel capoluogo lombardo. Il museo è chiuso al pubblico; Antonio con la cortesia che gli appartiene mi guida in un’appassionata visita ad personam di tutto il piano nobile del palazzo dove sono collocate le opere d’arte della collezione. Fin dai primi gradini della scala mi accorgo del legame con il nostro territorio: pur nella penombra di una dimora ottocentesca con spesse finestre a rullo veneziane, intravedo gli inconfondibili scintillii del granito rosa di Baveno. Antonio mi dice che non è l’unico riferimento con il nostro territorio oltre chiaramente a lui, scherziamo. Mi racconta di una pergamena, ancora in fase di studio, e mi mostra un antico camino ossolano proveniente da Trontano che Fausto e Giuseppe, i progenitori della famiglia, fecero inserire nell’atrio d’onore della casa. Durante la visita scopro sia stata la prima residenza milanese ad avere, nella seconda metà dell’Ottocento, la corrente elettrica e, sorprendentemente, il primo prototipo di una moderna doccia voluta da Carolina Borromeo, moglie di Giuseppe, il più giovane tra la prima generazione di fratelli Bagatti Valsecchi. Come durante ogni conversazione con Antonio il tempo vola e, in un attimo, sala dopo sala, ci appropinquiamo alla conclusione. Antonio mi racconta dei progetti in cantiere per l’anno che verrà e della difficile ricerca di finanziamenti che investe gli enti pubblici operanti nel settore della cultura. Ci lasciamo con l’obiettivo di raccontare anche in Val d’Ossola del museo affinché le persone che lo hanno apprezzato e stimato durante il suo incarico domese possano venire a conoscere questo stupefacente scrigno di tesori nel cuore di Milano.

Eugenio Lux

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